Le materia prime provenienti dalla filiera corta, anzi cortissima, e la creatività e l'esperienza di chef professionisti con idee per cucinarle al meglio.
Venerdì 20 ottobre il Mercato agricolo dell'Arco Etrusco di Cia Agricoltori Italiani dell'Umbria, in collaborazione con il progetto Corso Garibaldi District, da il via al primo di una serie di appuntamenti che coinvolge le attività commerciali di Borgo Sant'Angelo. Dalle 17.30 alle 19, in piazza Puletti (piazza Grimana), i prodotti del mercato agricolo, infatti, verranno proposti con piatti creati al momento da chef Kran Mahey e il secondo cuoco Salful Hosain del ristorante "Il Giardino". Suggerimenti, idee originali e trucchi del mestiere per valorizzare al meglio la frutta, la verdura, farine, cereali, conserve e salse, uova e formaggi che ogni venerdì si ritrovano nei banchi del Mercato Agricolo dell'Arco Etrusco a seconda della stagionalità.
Un'iniziativa, la prima di una serie di appuntamenti che animeranno la piazza, che sottolinea la stretta collaborazione con il Mercato dell'Arco Etrusco e il più ampio progetto "Farm@Cia" e le associazioni di quartiere, compresa Assogaribaldi che raduna i ristoratori e i commercianti della via. Nella stessa giornata di venerdì, dalle 18, sarà presente anche la biologa nutrizionista Martina Ascani per suggerimenti su una sana alimentazione e cosa portare a tavola.
Le prossime settimane vedranno protagonisti alcuni laboratori per bambini e degli incontri per lanciare gli appuntamenti di Cia a Fa la cosa giusta a "Umbria Fiere":
Un percorso che si fonda sui valori del rispetto della stagionalità delle produzioni, la qualità della materia prima, uniti ai concetti di filiera corta e alternativa, rigenerazione urbana, promozione di stili di vita salutari e "AgriCultura", intesa come la diffusione di una cultura sostenibile del cibo.

Fancelli (Cia Umbria): «Dopo il lancio della filiera del luppolo una grande opportunità imprenditoriale e innovazione nel panorama agricolo regionale»

PERUGIA – L'Umbria ora ha la sua legge per la valorizzazione e la promozione della birra agricola e artigianale.

«Un passo importante per il settore brassicolo regionale nell'ottica di sviluppo delle filiere nel settore agricolo – ha detto Stefano Fancelli, membro del comitato esecutivo e responsabile della filiera luppolo, canapa e altre colture industriali di Cia agricoltori  italiani dell'Umbria -. Come quella di aver lanciato la filiera del luppolo made in Umbria: un'opportunità imprenditoriale e un'innovazione nel panorama regionale agricolo.

Ora più che mai l'Umbria si sta caratterizzando sempre di più come il cuore della birra artigianale e agricola del nostro Paese. Siamo una regione leader nella produzione del malto d'orzo e del luppolo di alta qualità, sono in corso rilevanti progetti di filiera corta, i birrifici umbri si distinguono per qualità del prodotto e capacità di crescita: per tutte queste ragioni la legge regionale che ho sostenuto potrà dare un contributo rilevante alla crescita della filiera birraria regionale. Un nuovo passo per puntare allo sviluppo di turismo brassicolo, alla tracciabilità di un prodotto di qualità e alla promozione della filiera corta della birra made in Umbria».

Matteo Bartolini, presidente Cia Umbria, e vice presidente nazionale con delega al settore birraio, ha sottolineato come l'approvazione di una legge regionale sia stata «una scelta lungimirante su cui Cia Umbria ha creduto fin dall'inizio, con primo progetto di ricerca realizzato per comprendere quali erano le cultivar migliori da impiantare. La filiera del luppolo non limita la progettualità alla parte produttiva ma la collega alla trasformazione e ad un mercato di riferimento. Trattandosi di una cultura labour intensive può portare rilevanti opportunità di crescita del reddito per le imprese agricole del nostro territorio e offre un modello di eccellenza che si mette a disposizione di tutta la filiera agricola della birra italiana.

In questo momento di crisi generalizzata di tutto il settore agricolo – ha concluso Bartolini - , filiere innovative come questa, rappresentano opportunità utili per valutare anche la diversificazione aziendale, visti anche gli alti valori legati alla produzione lorda vendibile per il luppolo».

Cia Agricoltori italiani dell'Umbria

Ufficio stampa

Cristiana Mapelli 338 3503022

In Valnerina, ma non solo, è emergenza predatori ai danni di allevatori di Chianina

Illuminati: "Zootecnia in difficoltà, a rischio lo spopolamento delle aree interne"

PERUGIA - In Valnerina, ma non solo, è emergenza lupi ai danni ad attività agricole e zootecniche. "Il problema non è qualche lupo, come in passato, ma i branchi che attaccano con ferocia i nostri allevamenti dimezzandoli. I vitelli vengono accerchiati dal branco e feriti oppure sbranati vivi". La testimonianza è quella di Luigi Filipponi, allevatore di Cia Agricoltori dell'Umbria di Chianina a Macenano, nel cuore di Ferentillo. L'aumento della popolazione dei lupi trova conferma anche dal primo monitoraggio nazionale del Lupo (2020_2021) fatto da Ispra e che attesta a 3.300 la presenza di lupi in tutto il paese.

Come ogni anno, a giugno, fino all'inizio dell'inverno sono oltre trecento i capi di bestiame che vengono lasciati liberi di pascolare sul Monte Aspra che fa parte dell'Appennino Umbro – Marchigiano e che si trova nella provincia di Terni.

L'eccessiva presenza di lupi va a penalizzare gli allevamenti più virtuosi, ovvero quelli che hanno scelto il pascolo allo stato semi brado salvaguardando l'ambiente e il benessere animale.

"Ho 75 anni – racconta Filipponi – in queste zone i lupi ci sono sempre stati, ma ora attaccano in branchi anche da dieci e rappresentano un diverso pericolo. Da giugno avrò perso una quindicina di vitelli, una sera, durante un mi controllo all'allevamento, ho avvistato un branco da più di cinque lupi". È questo il conto sommario dei danni che oramai sono all'ordine del giorno.

Negli ultimi cinque anni le medie annue di attacchi sono di 113 denunce e 157mila euro di danni prodotti, con dati in crescita nel 2022. Analizzando l'andamento dei danni dal 2003 al 2022, secondo i dati della Regione, sulla base delle denunce emerge un evidente picco nel 2014 con 401 denunce e 351mila euro di danno accertato rispetto all'andamento medio dell'intero periodo con 176 denunce per un danno accertato di 177mila euro.

E poi c'è la profonda crisi che sta attraversando la carne di Chianina, richiesta ed apprezzata in tutto il mondo, tra l'aumento dei costi di produzione e la diminuzione del prezzo sul mercato. "Un esempio dei prezzi? Nel 2022 ho venduto vitelli per 1.800 euro, quest'anno a mille euro – conclude Filipponi -. Gli indennizzi per gli attacchi dei lupi sono irrisori rispetto alla reale perdita che subiamo sia nell'immediato che nel prosieguo delle attività già messa alla prova da costi di produzione crescenti. La Regione non ci riconosce alcun risarcimento se l'animale, come spesso accade durante un attacco di predatori quando non ritroviamo i resti dell'animale, risulta disperso. In queste condizioni non andremo avanti ancora per molto e saremo costretti a mollare".

Dei problemi del settore ha parlato Mario Illuminati membro del comitato esecutivo Cia Umbria e responsabile regionale per la Zootecnia. "Le predazioni dei lupi, oramai fenomeno diffuso in tutta la regione, sono solo la goccia che ha fatto traboccare un vaso già colmo. Nella maggior parte dei casi il solo risarcimento, irrisorio rispetto ai danni provocati che sono difficilmente quantificabili, non può essere l'unica soluzione. Su tutto il territorio regionale esistono, inoltre, realtà imprenditoriali virtuose che danno un prodotto interamente allevato e nutrito all'interno della stessa azienda dove si coltivano cereali, mais o fieno per poi fare mangimi da destinare all'allevamento e che si ritrovano con danni causati dai cinghiali.

Le stime diffuse sia del numero degli animali selvatici sia dei danni probabilmente, non corrispondono alla realtà e c'è sicuramente un incrocio tra il lupo e il cane che porta ad aver meno paura dell'uomo. Serve che l'uomo riprenda il controllo del selvatico e che gli allevatori e agricoltori vengano coinvolti nelle decisioni e nelle organizzazioni delle misure da mettere in campo".

Illuminati ha poi sottolineato il fattore dei rincari dei costi energetici a cui si è aggiunto anche quello dei mangimi.

"Criticità che non trovano risposte da chi governa – ha concluso Illuminati di Cia Umbria - e che oramai rendono difficile, se non impossibile, tenere in vita un settore che non è solo un conto economico, ma anche la fotografia del vivere bene in Umbria. Se la zootecnia venisse a rischio c'è lo spopolamento di queste aree interne e della montagna presidiate dagli allevatori, con il conseguente imbruttimento dell'ambiente naturale che si ripercuoterebbe, poi, anche sui flussi turistici".

Cia Agricoltori italiani dell'Umbria

Ufficio stampa

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