L'ALLEVAMENTO DI OCHE IN UMBRIA, UN GRANDE RITORNO IN FORME DIVERSE
L'appello di Cia-Agricoltori Italiani Umbria alle Pro Loco che organizzano le sagre: "Acquistate solo dai nostri allevatori, pensiamo alla sostenibilità ambientale ed economica del territorio"

Perugia – A Ferragosto, sulle tavole dell'Umbria non può mancare l'oca arrosto. Se fino a qualche anno fa l'allevamento di questi animali era esclusiva di pochi agricoltori, oggi è una riscoperta sotto molti punti di vista. L'Umbria ha da sempre una forte tradizione gastronomica che vede l'oca protagonista di ben quattro sagre estive, alcune delle quali si susseguono da quasi mezzo secolo: Bettona (Perugia), Torchiagina (Assisi), Corbara (Orvieto) e Collesanto-Antria (Magione). Appuntamenti che riuniscono migliaia di persone per degustare le specialità tipiche regionali, ricette che si tramandano da generazioni: il crostino d'oca, gli gnocchi al sugo d'oca, ma anche salumi d'oca, l'oca alla cacciatora, in umido e ovviamente arrosto, solo per citarne alcune. Ma, assicurano gli allevatori, non tutte le oche che vengono servite alle sagre provengono dall'Umbria, molte arrivano da Austria, Polonia, Russia e Ucraina, a prezzi bassi e senza garanzie sulla qualità, a dispetto della Legge Regionale n.2/2015 (e il successivo regolamento del 2017) che sottolinea come i prodotti somministrati e indicati nel menù debbano provenire, per almeno il 60% da prodotti inseriti nell'elenco regionale dei prodotti agroalimentari tradizionali, o prodotti classificati e riconosciuti come DOP, IGP, DOC, DOCG e IGT della Regione Umbria, o da filiera corta.
Gli allevatori di oche in Umbria non sono molti, uno di loro, associato Cia Agricoltori italiani Umbria, è Sauro Pioppi, a Mantignana (Corciano). "Alleviamo circa 3000 oche di razza francese, le oche di Tolosa, con un peso di 5-6 chili le femmine, fino a 8 i maschi. I nostri clienti sono le sagre e qualche agriturismo. Negli ultimi anni, - conferma Pioppi - registriamo un forte ritorno al consumo di oca anche dai cittadini privati che richiedono nel nostro punto vendita e macelleria l'oca da cucinare a casa. Tra luglio e agosto avviene l'80% delle vendite. Ma allevarle non è facile: servono ampi spazi per il pascolo. Inoltre, l'oca soffre molto il caldo e in questo periodo c'è un minore accrescimento, mentre reagisce bene all'inverno". Grande attenzione ai mangimi: "All'inizio - racconta Pioppi – si svezzano con soia, mais e orzo che produciamo sui nostri terreni, con l'aggiunta di un complesso vitaminico, poi vengono nutrite con un misto di grani di alta qualità. Si tratta di allevamenti estensivi che richiedono circa 300 mq ad oca per il pascolo all'esterno. Questo garantisce vera qualità, carni genuine e non troppo grasse".
Un dato confermato anche dall'agronoma Alice Cartoni, ricercatrice del Dipartimento di Scienze agrarie alimentari e ambientali dell'Università di Perugia che, insieme al Prof. Cesare Castellini, sta portando avanti il progetto sperimentale per l'inserimento di oche in alcune coltivazioni umbre. Capofila è stata l'azienda Di Filippo di Cannara, associata Cia, che da 5 anni ha inserito nelle proprie vigne le oche come diserbante naturale sfruttando la loro dote di 'spazzine', aiutando a tenere puliti i terreni da erbacce infestanti.
"La sperimentazione in sistemi di allevamento alternativi ha dato molti risultati positivi, - racconta l'agronoma Cartoni - . Le oche pascolano all'aperto fino ad agosto. Un mese prima della vendemmia, vengono macellate e immesse nel mercato. E il ciclo di rinnova. Così, l'azienda ha ridotto moltissimo l'azione meccanica. Tutte le coltivazioni di Di Filippo sono biologiche e, quindi, l'erba che mangiano è un ottimo alimento naturale, senza residui chimici o pesticidi. Ora, attraverso la Misura 16.2 del PSR Umbria, abbiamo inserito le oche con il progetto agroforestry anche in un frutteto e un oliveto, a S. Eraclio di Foligno e a Trevi". "Inoltre, - aggiunge - abbiamo confrontato la carne di oca allevata al pascolo con quella allevata in modo intensivo, al chiuso. Quasi tutti gli animali allevati al pascolo assumono naturalmente vitamine antiossidanti, carotene e acido alfalinolenico presenti nell'erba stessa. Questo si traduce in una carne che contiene Omega 3 tre volte in più rispetto a un'oca convenzionale. È una carne più consistente, muscolosa, meno grassa e ricca di ferro".
Alla luce di questo importante cambiamento verso nuovi modelli di allevamento e di consumo delle oche in Umbria, la Cia-Agricoltori Italiani dell'Umbria lancia un appello affinché tutte le Pro Loco che organizzano le sagre dell'Umbria mostrino una consapevolezza maggiore. "La norma sulle sagre mostra una crepa in questo senso, - suggerisce il Presidente Cia Umbria Matteo Bartolini - sanarla è responsabilità di tutti gli attori economici, oltre che delle Amministrazioni territoriali. I dati economici mostrano l'Umbria in difficoltà economica e sociale, ripartiamo dalle piccole cose e da uno sviluppo economico autocentrato. Gli agricoltori producono cibo ed esternalità positive, i consumatori o le Pro loco premino il loro lavoro a beneficio dell'ambiente, della società civile e dell'economia umbra".
Cia Umbria conclude con un segreto culinario per un'oca arrosto da leccarsi i baffi, la 'picchettatura' della carne: praticate dei tagli nel muscolo, inserite un battuto di rosmarino, aglio, lardo di maiale, pepe e sale. Informate l'oca con le patate e bagnatela costantemente con l'olio di cottura. Il Ferragosto in Umbria è servito.

L'AGRITURISMO NON È UN HOTEL, UMBERTIDE ABBASSA LA TARIFFA 
Tariffa sui Rifiuti ridotta di circa il 50% per gli operatori agrituristici -Il Presidente Bartolini: "Vinta una battaglia, ora gli altri Comuni facciano lo stesso"

L'agriturismo non è un albergo, e non può vedersi attribuita la stessa TARI di un hotel. Finalmente si va nella direzione giusta. Il Comune di Umbertide ha abbassato la tariffa per il settore istituendo una specifica categoria circa la Tassa sui Rifiuti per gli agriturismi, a decorrere dall'anno in corso. Un passo in avanti che per CIA Umbria segna una prima, importante vittoria, dopo i tanti incontri territoriali svolti proprio ad Umbertide nei mesi scorsi, per segnalare la questione a tutti gli operatori agrituristici. Ma non possiamo fermarci qui: tutti gli altri Comuni devono adesso seguirne l'esempio. Pertanto, Cia Umbria ha inviato all'Associazione Nazionale Comuni Italiani dell'Umbria una lettera per sollecitare tutte le Amministrazioni comunali a recepire al più presto le sentenze del Tar dell'Umbria e del Consiglio di Stato.
LE 2 SENTENZE
La sentenza del Consiglio di Stato del 19 febbraio scorso conferma quanto già sancito dal Tar dell'Umbria nel 2018, a seguito di una controversia tra il Comune di Corciano e un'azienda agrituristica: "L'agriturismo è una branca dell'attività agricola, alla quale resta connessa, e non attività assimilabile a quella alberghiera, dalla quale la dividono finalità e regime". Il legislatore ha riconosciuto "una differenziazione economica e funzionale" rispetto alle attività alberghiere che deve essere tenuta in considerazione dai Comuni.
A QUANTO AMMONTA LA RIDUZIONE? IL CASO DI UMBERTIDE
Ai singoli Comuni compete la discrezionalità amministrativa tariffaria considerando, ad esempio, il numero dei pasti o di clienti ospitabili e la stagionalità dell'attività, ridotti rispetto ad un albergo. Nel caso del Comune di Umbertide, gli agriturismi erano prima inquadrati sotto la categoria degli alberghi, per la quale si applica un coefficiente di 7,5 euro al m² con ristorante e di 5,6 Euro al m² senza ristorante. Oggi, invece, il coefficiente della nuova categoria 'agriturismi' è di 4,02 euro al m². Ipotizziamo un agriturismo con ristorante di 200 m² di superficie. Prima, pagava una Tari di € 1.500 l'anno, oggi invece ne sborsa 'solamente' 804, circa il 50% in meno. Una somma 'risparmiata' da investire magari in nuovi servizi per i potenziali clienti.
LA LETTERA CIA UMBRIA ALL'ANCI
"Da subito - sottolinea il presidente Cia Umbria Matteo Bartolini - ci siamo fatti portavoce di questo aggravio e, per dare seguito alla vittoria nel Comune di Umbertide, è partita una lettera all'Anci regionale per chiedere che anche gli altri Comuni ne seguano l'indirizzo. Dopo la corretta decisione di Umbertide, a cui va il nostro plauso, sollecitiamo l'invito a tutti i Comuni affinché adottino una misura intermedia tra l'aliquota prevista per l'utenza domestica e l'utenza commerciale, nonché l'immediata sospensione dell'attuale tariffa".
IL CICLO VIRTUOSO DEI RIFIUTI NELL'AGRITURISMO:
ECCO PERCHÉ NON È UN ALBERGO

Mentre l'attività alberghiera è un'attività imprenditoriale commerciale svolta a scopo di lucro, quella agrituristica è funzionale alla valorizzazione delle risorse del territorio, alla difesa del suolo e dell'ambiente, oltre che del patrimonio edilizio rurale. Inoltre, è anche grazie all'agriturismo che s'incentivano le produzioni tipiche e le tradizioni enogastronomiche umbre. Non solo, "bisogna tenere conto delle grandi differenze nella produzione dei rifiuti che c'è tra l'operatore agrituristico e il gestore di un normale albergo con ristorante - aggiunge Bartolini -. Ad esempio, gli scarti alimentari, l'umido, viene usato negli agriturismi per l'alimentazione degli animali o per realizzare il compost utile all'attività agricola, generando un ciclo virtuoso dei rifiuti". Differenze che i Comuni non possono più ignorare, pertanto Cia Umbria invita tutti gli operatori agrituristici umbri ad aderire all'iniziativa, per maggiori informazioni contattare il numero telefonico 075.7971056.

 

Perugia, 10 luglio 2019

L'esempio di un'azienda di Spoleto: 36€ di risarcimento a fronte di €2.354 richiesti. E solo per la domanda ne spende 50.


Bartolini: "Stato di calamità naturale: ne vale la pena? La Regione aiuti le associazioni nel chiedere più garanzie e un adeguato finanziamento del Fondo di Solidarietà Nazionale"

Ieri la siccità, oggi le piogge abbondanti. Ma per le aziende agricole il risultato non cambia: risarcimenti vergognosi che spingono a gettare la spugna e cambiare mestiere, piuttosto che a rimboccarsi le maniche e chiedere inutilmente lo stato di calamità naturale. E' la dura constatazione di Cia Umbria dopo aver preso visione degli indennizzi dati dalla Regione alle aziende agricole di tutte le associazioni di categoria, a seguito della lunga siccità verificatasi nella primavera del 2017. Sono state circa 2500 le domande inoltrate e ammesse dagli imprenditori agricoli umbri che avevano subìto perdite di prodotto e reddito, e poco meno di 250 quelle respinte, per una spesa totale sostenuta di € 541.163,00, pari solamente all'1,5% dei danni conteggiati dalle aziende agricole, che ammontavano in totale a circa 35milioni di euro.
Una situazione grottesca e imbarazzante, se pensiamo che per inoltrare la domanda di risarcimento danni ogni azienda agricola spende €50 e in risposta riceve un indennizzo addirittura inferiore! Bastano pochi esempi: come un'azienda di Spoleto con un importo ammesso di €2.354 e un contributo concesso di €36,65. O ancora, l'azienda di Campello sul Clitunno con un importo danni accertato di €14.600 e un indennizzo ottenuto di appena €228. Anche dove i danni sono stati tali da raggiungere €116.218,64, un'azienda di Perugia nello specifico si è vista recapitare un 'cadeaux' di €1.809,55. Infine, c'è anche chi ha chiesto un rimborso minimo, come l'azienda di Bevagna, per €965 e ha ottenuto un risarcimento 'tragicomico' di €15,03, buoni per giocare qualche schedina al Superenalotto, magari vincere e cambiare mestiere.
"Se questo è l'andazzo, - afferma il presidente Matteo Bartolini - noi di Cia Umbria ci chiediamo se vale davvero la pena affrontare gimkane burocratiche per richiedere lo stato di calamità naturale, attendere circa due anni per i risarcimenti e vedersi alla fine riconoscere cifre che hanno del carnevalesco e che fanno male, oltre che al bilancio aziendale, anche alla dignità dei nostri imprenditori agricoli".
"Chiediamo, a conti fatti, che la Regione Umbria assieme alle associazioni reclami più garanzie dal Governo e un adeguato finanziamento del Fondo di Solidarietà Nazionale, anche a seguito dei danni causati dal maltempo negli ultimi mesi e per i quali è stato convocato di recente anche il Tavolo Verde regionale, prima di dichiarare lo stato di calamità naturale, presentare le domande delle aziende agricole, ed evitare a monte oltre al danno anche la beffa".

Perugia, 7 giugno 2019 

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