Ferme le assunzioni dei lavoratori stagionali, a rischio la stagione estiva  - Turismo Verde Cia: urgenti misure a sostegno del reddito delle strutture ricettive

Perugia – Crisi nera per gli agriturismi umbri, con un calo fino al 100% sulle prenotazioni di Pasqua. L'Italia, ora al terzo posto per numero di contagi da Coronavirus, è una meta sconsigliata dai Paesi esteri e anche l'Umbria sta avendo durissime ripercussioni sul comparto turistico. Se l'emergenza sanitaria non si riduce in tempi brevi, le strutture ricettive rischiano di vedere andare in fumo l'intera stagione estiva.
"La situazione è drammatica, peggio del terremoto - racconta Rinaldo Giannelli, titolare dello storico Agriturismo Il Cerretino, a Città di Castello, e socio Cia Umbra - Negli ultimi giorni abbiamo ricevuto disdette per paura di contagio da Coronavirus e molti clienti storici, che da 20 anni vengono qui da noi dall'Olanda e dalla Danimarca soprattutto, ad oggi non hanno neanche chiamato per confermare la consueta prenotazione per le vacanze estive".
La cancellazione delle prenotazioni si porta dietro una serie di danni economici indiretti. "Di fatto, pur senza ospiti, dobbiamo continuare a sostenere le spese fisse, Tari, Imu, le tasse anticipate anno per anno – continua Giannelli - . Ad oggi ho già avvisato i miei dipendenti stagionali, cuoca, aiuto cuoca, giardinieri e addetti pulizie, che se non cambierà in fretta la situazione non potrò garantire loro il lavoro".
"Se è vero che non si può fare un appello ai turisti, per rassicurarli dicendo loro che l'Umbria non sarà colpita dal Covid19 nelle prossime settimane, come non lo è ad oggi, - dichiara Matteo Bartolini, Presidente Cia Umbria - è altrettanto vero che non sono più rinviabili misure straordinarie di sostegno alle imprese agrituristiche su tutto il territorio nazionale, come richiesto da Turismo Verde- Cia Agricoltori Italiani". La Cia chiede il differimento dei pagamenti dei contributi previdenziali e quelli dovuti dai datori di lavoro ai dipendenti, delle imposte dirette e indirette, la sospensione del pagamento delle rate dei mutui e l'attivazione dall'Unione Europea di strumenti necessari per stanziare risorse adeguate per i nostri agriturismi.
"Inoltre – continua Bartolini – siamo convinti che il perdurare di questa situazione si ripercuoterà come un effetto domino anche sulle attività primarie, che ad oggi reggono: basti pensare che il ristoratore che non ha più prenotazioni, riduce inevitabilmente gli approvvigionamenti dei prodotti agroalimentari. Non possiamo rischiare un altro terremoto economico".

Per approfondimenti e interviste:
Emanuela De Pinto
Ufficio Stampa Cia Umbria
Tel. 340.9200423

Accordo Cia-Unionbirrai, tempi maturi per costruire una filiera del malto regionale e dare più valore all'intero indotto

Perugia – Solo il 15% dei 35 birrifici artigianali umbri possono classificarsi come "agricoli", vale a dire produttori di birra con una percentuale di materia prima propria non inferiore al 51%. Negli ultimi 10 anni anche l'Umbria si è scoperta terra di birrai, seguendo il trend italiano che ha registrato numeri sempre più importanti in termini di produzione, consumo e fatturato. L'Umbria vanta ottime birre, pluripremiate, ma spesso prodotte da piccoli birrifici con malto e luppolo francese, canadese, belga. È arrivato il momento di fare un passo avanti per collegare la produzione brassicola a quella agricola regionale, aprendo un varco verso la filiera del malto e del luppolo.
È la posizione di Cia Umbria all'indomani del protocollo d'intesa che Cia nazionale ha siglato con UnionBirrai. "Stiamo lavorando a disegni di legge regionali - ha spiegato il consigliere di Unionbirrai Andrea Soncini - per creare un progetto pilota. Il nostro scopo non è quello di creare bollini di qualità, ma di costruire una struttura omogenea sul piano nazionale, per poi permettere a livello regionale di regolamentare le singole discipline". Per Cia Umbria occorre lavorare sul passaggio da 'birrificio artigianale' a quello 'agricolo', così da aumentare l'offerta di lavoro e la forza economica delle stesse aziende agricole, venendo incontro alle esigenze dell'intero indotto della birra.
Ancora oggi, il consumatore non conosce bene la differenza tra birra industriale, artigianale e agricola. Il Ddl del 2016 ha definito birra artigianale quella prodotta da piccoli birrifici indipendenti, nella quantità di non oltre 200.000 ettolitri l'anno, e non sottoposta a pastorizzazione e microfiltrazione. Il birrificio agricolo è ancora più stringente nella definizione. Il Decreto Ministeriale n. 212 del 2010 considera la birra un prodotto agricolo a tutti gli effetti. Questo perché la sua produzione è strettamente collegata al mondo dell'agricoltura, con percentuali di materia prima prodotta in proprio non inferiore al 51%, come già detto. Si possono poi aggiungere elementi aromatici unicamente con i prodotti regionali, ad esempio lo zafferano o il miele umbro, ma non si possono usare in alcun modo prodotti conservanti.
Il birrificio artigianale può, invece, acquistare malto dove preferisce senza limiti percentuali, ed è quindi fortemente dipendente dall'estero. Va ricordato, infine, che il birrificio agricolo può godere di alcuni vantaggi: l'accesso ai finanziamenti della Comunità Europea a favore del sostegno dell'agricoltura (compresi gli impianti di produzione) e un regime fiscale agevolato (Iva al 10%). È indispensabile lavorare alla connessione tra birra agricola e territorio, come Cia Umbria sta già facendo, ad esempio, partecipando ai workshop sulle tecniche colturali e le prospettive di mercato del progetto "Luppolo made in Italy", finanziato dalla Misura 16.2.1 sulla cooperazione e innovazione delle Reti di nuova costituzione del Psr Umbria. La nascita della filiera del malto umbro è un atto di coscienza e responsabilità verso lo sviluppo economico e turistico della nostra regione.
(Fonte dati birrifici artigianali in Umbria: Registro Imprese Camera di Commercio e microbirrificio.it)

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L'AGRICOLTORE POTRÀ IMBRACCIARE IL FUCILE DOPO 4 ORE DALL'ATTACCO, MANTENENDO IL DIRITTO ALL'INDENNIZZO

Il Presidente Bartolini: "Bene Ass. Morroni, primo passo verso una più adeguata gestione della fauna selvatica. Ora attendiamo il nuovo piano entro aprile"

Perugia – Emergenza cinghiali: dalla Regione arriva un primo importante passo in avanti per sostenere gli imprenditori agricoli. In caso di attacco, l'agricoltore dovrà rivolgersi all'Atc (Ambito territoriale di caccia) competente, il quale avrà non più 48 ore, ma solo 4, per poter intervenire; trascorso questo tempo l'agricoltore è autorizzato ad agire direttamente, se munito di licenza di caccia, mantenendo ugualmente il diritto all'indennizzo dei danni causati. È la decisione comunicata oggi dall'Assessore regionale all'Agricoltura, Roberto Morroni, dopo la riunione della Consulta Faunistico Venatoria, lo scorso 5 febbraio, e che segna una prima battaglia vinta per Cia Umbria.

"Ringraziamo l'Assessore Morroni - ha dichiarato il Presidente Cia-Agricoltori Italiani Umbria Matteo Bartolini - per aver preso in considerazione una delle nostre proposte su un problema che da anni denunciamo con forza: la necessità di rivedere il piano faunistico venatorio. Giudichiamo più che ragionevole la decisione di ridurre i tempi di attesa, dando la possibilità all'agricoltore di intervenire prontamente tutelando il suo lavoro e il suo reddito, salvaguardando al contempo la possibilità di richiedere l'indennizzo quando necessario. In Italia, ad oggi, assistiamo al paradosso secondo cui per legittima difesa un cittadino che sorprende un malintenzionato nella proprietà privata può sparare, ma lo stesso diritto non sembra essere riconosciuto con la stessa facilità per l'agricoltore che subisce danno economico dall'animale che distrugge il raccolto".

Come Cia siamo consapevoli che questo è solo un tassello nella grande proposta di modifica della Legge sulla Caccia 157/92 che chiediamo da anni. Confidiamo, pertanto, nei successivi incontri con l'Ass. Morroni per valutare nel dettaglio il documento del nuovo Piano di gestione cinghiali che verrà presentato entro aprile, come annunciato.

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