Urgente l'inserimento dell'Umbria tra le regioni colpite: Ministero riconosca lo stato di calamità

La Giunta della Cia dell'Umbria denuncia la grave situazione che ha colpito il settore agricolo conseguente alla perdurante siccità e alla forte crisi idrica che si è abbattuta sull'Italia centrale, e rinnova l'invito alla Presidente della Regione Marini a richiedere al Ministero lo stato di calamità.
La Cia manifesta la sua preoccupazione per la mancata presenza dell'Umbria tra le regioni (Emilia Romagna, Veneto, Toscana, Marche, Lazio, Molise, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna e Provincia autonoma di Trento) rese note dal ministro Maurizio Martina, durante l' audizione ieri in commissione Ambiente alla Camera, che si apprestano a richiedere lo stato di calamità a seguito delle eccezionali avversità atmosferiche.
Le riserve d'acqua - fanno sapere dagli uffici della Cia - sono al limite e l'Umbria ha disposto da settimane il divieto di attingimento e irrigazione. Danni ingenti a molte produzioni agricole, come ortaggi, legumi, patate, olivo, uva, si segnalano in tutto il territorio regionale. E' il bollino rosso del mondo agricolo, ad allarmare la Cia Umbria per le conseguenze disastrose che il caldo e la mancanza di pioggia che dura ormai da mesi, stanno provocando su buona parte delle produzioni umbre.
"Occorre una volta per tutte che le istituzioni investano concretamente e non solo a parole, sul ripristino e il rifacimento del sistema irriguo – afferma Brugnoni presidente di Cia Umbria -. Agli agricoltori da anni arriva acqua in quantità insufficiente – sottolinea – a causa di opere danneggiate o interrotte . Il primo intervento indispensabile è quello - dichiara Brugnoni- di riprendere e completare i lavori della diga di Valfabbrica ormai ferma da più di 20 anni e della Diga di Montedoglio. Interventi fondamentali che avrebbero garantito in un'annata come questa l'acqua necessaria fino al termine della stagione irrigua. Occorre poi realizzare integralmente la rete irrigua minore in comprensori strategici come quello del Trasimeno da sempre oggetto di specifiche richieste da parte della nostra Organizzazione.
Purtroppo siamo ancora costretti, costatati i danni, ad invocare lo stato di calamità - afferma amareggiato Brugnoni- al fine di ottenere almeno con tempestività, una parte del risarcimento del danno attraverso l'attivazione del Fondo di solidarietà nazionale che aiuterà tutte le aziende colpite, anche non assicurate, ad affrontare il mancato ricavo già accertato nei principali comparti agricoli regionali. Per le imprese agricole danneggiate sarà inoltre possibile avvalersi anche della sospensione dei mutui e del pagamento dei contributi assistenziali e previdenziali.
Annunciato dal Ministro Martina anche un accordo in via di perfezionamento con la Commissione Ue, per un aumento degli anticipi dei fondi europei della Pac e dello sviluppo rurale di circa 700 milioni di euro per infrastrutture irrigue.
La Cia pertanto sollecita la Presidente Marini a richiedere con urgenza anche per la Regione dell'Umbria l'attivazione dello stato di calamità.

Perugia, 3 agosto 2017

Azioni di emergenza insufficienti, mancanza di prevenzione, indennizzi in ritardo e inadeguati

La Cia Umbria ritiene insufficienti per contenere gli ingenti danni alle colture, le misure approvate dalla Giunta della Regione Umbria per l'emergenza cinghiali . Così il Presidente Brugnoni "non è certamente solo con la riduzione del termine da 48 a 12 ore per l'attivazione degli interventi fino al 30 settembre, che in Umbria si può arginare la drammatica piaga dei danni alle colture da cinghiale".

La gestione degli ungulati e della fauna selvatica in generale, è ormai in Umbria e in molte regioni del centro Italia, fuori controllo sia perchè colpisce gravemente l'agricoltura sia perchè arreca danni irreparabili al paesaggio e all'ambiente oltre che all'incolumità pubblica.

La Cia dell'Umbria considera necessarie, a tal proposito, misure immediate e mirate di contenimento quali l'adozione straordinaria fino al 28 febbraio prossimo, come deliberato in questi giorni in Toscana, della 'braccata', intervento urgente ed efficace per far fronte all'invasione di cinghiali nelle aree coltivate anche conseguenza dell'emergenza siccità.

La Cia chiede poi che si metta mano definitivamente ad una Pianificazione strategica di gestione di medio e lungo termine per il contenimento delle specie dannose con misure certe a garantire una risolutiva e duratura azione di prevenzione.

Gli agricoltori, - afferma il presidente Brugnoni- considerato l'enorme proliferare dei danni, chiedono alla Regione inoltre un impegno serio per superare il problema del regime de minimis introdotto dalla normativa europea sui danni causati dalle specie cacciabili, che fissa un tetto massimo risarcibile ad Azienda a triennio di soli 15mila euro.

"Oltre il danno anche la beffa - continua Brugnoni- la Regione deve pagare ancora agli agricoltori gli indennizzi delle annate 2014, 2015 e 2016 : servono risorse certe, procedure chiare e maggiore tempestività nei risarcimenti, con metodi di valutazione più adeguati ai reali danni riportati dalle aziende". Molto spesso le produzioni devastate come la fagiolina del Lago, le lenticchie di Castelluccio, le patate di Colfiorito, il farro o i ceci biologici del Parco del Monte Cucco etc. , sono, non solo le eccellenze dei territori umbri, ma le uniche colture che assicurano reddito alle Aziende agricole delle aree più interne e marginali.
"Se si vuole contrastare l'abbandono di intere zone dell'Umbria vanno adottati interventi incisivi di prevenzione dei danni e di sostegno alle produzioni e alla zootecnia", dichiara la Presidente dei giovani agricoltori Clelia Cini che tiene a sottolineare, a proposito della Regione che "stare a fianco degli agricoltori significa adottare azioni e misure utili per il settore e non sventolare per convenienza le bandiere".

La Cia rivolge, infine, un appello ad affrontare anche la problematica non più rinviabile legata all'aumento della popolazione dei lupi sul territorio regionale: attacchi continui ad animali giovani o di piccola taglia ma anche a vacche e fattrici equine, con una padronanza di interi territori, quali il Monte Peglia, dove si spingono fino ad avvicinarsi a case e stalle per compiere la loro attività predatoria. È necessario pertanto che la Giunta regionale adotti misure specifiche per il monitoraggio ed il controllo di questa specie per ridurne i danni all'attività agrozootecnica e intervenga anche a livello ministeriale per modificare una normativa di sola protezione della specie che, considerato il numero attuale dei lupi in Italia, appare superata e anacronistica.

Perugia, 31 luglio 2017

 

In allegato: rassegna stampa

La lettera aperta della Confederazione a pochi giorni dalla chiusura della Campagna 2017. Continuano i problemi amministrativi e i malfunzionamenti informatici. Serve un cambio di rotta radicale.

Una lettera aperta alle istituzioni per una revisione totale del sistema. A pochi giorni dalla fine della Campagna Pac 2017, la terza consecutiva in regime di proroga, la Cia-Agricoltori Italiani chiede un cambio di passo. Anche quest'anno, garantire agli agricoltori la presentazione nei tempi delle domande uniche e di quelle dei PSR (Piani di Sviluppo Rurale) è stato difficile e impegnativo, a causa dei malfunzionamenti del sistema amministrativo e informatico ormai assolutamente inadeguato.

Per le aziende agricole l'accesso agli aiuti comunitari e nazionali costituisce, infatti, una risorsa economica essenziale, soprattutto in periodi di crisi caratterizzati da eventi climatici avversi e dalla competizione di un mercato sempre più forte. La Campagna Pac che si sta concludendo, invece, rischia di ingrossare le fila delle aziende agricole che non riceveranno gli aiuti senza averne alcuna responsabilità. "Non può essere accettato -si legge nella lettera della Cia- che le evidenti mancanze tecniche e le inadeguate o tardive decisioni amministrative ricadano sugli agricoltori e sui CAA – Centri di Assistenza Agricola, loro strumenti".

In particolare, il Ministero delle Politiche agricole e Agea non hanno valutato a pieno le prevedibili complessità derivanti dalla transizione al modello di domanda grafica, in un Paese come il nostro che già presenta numerose specificità territoriali e produttive e che genera circa 900.000 domande uniche di aiuto e oltre 200.000 domande di PSR. Con il modello di domanda grafica la mole di informazioni richiesta, infatti, aumenta e questo, da un lato, è un beneficio, perché consente di predisporre domande Pac più precise, ma dall'altro comporta lo svantaggio di rallentare l'iter burocratico. Solo un impegno straordinario dei tecnici, infatti, ha reso possibile il raggiungimento dell'obiettivo del 75% di superficie agricola gestita in modalità grafica.

La lettera sottolinea, inoltre, il rischio che l'apparato Agea, che ha gestito questo 2017, possa non essere lo stesso che si occuperà della fase di verifica e delle istruttorie che presiedono ai pagamenti. Si potrebbe quindi assistere al mancato assolvimento degli impegni presi e degli accordi tecnici conclusi.

Di fronte a queste inefficienze, è evidente che occorre cambiare il modello di Agea e procedere a un radicale cambio di rotta, in modo che non si scarichino ancora sui soggetti più deboli "le responsabilità di un sistema che ha generato danni, di cui non è ancora neanche possibile valutare a pieno gli effetti".

In allegato: lettera originale

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