Mille agricoltori in piazza a Venturina - Presente anche Cia Umbria

Iniziativa al Centro Italia chiude ciclo di manifestazioni indette dall'organizzazione. Servono maggiori risorse e misure straordinarie per fronteggiare effetti guerra

Roma, 20 apr – Aumenti record di materie prime ed energia, costi di produzione alle stelle, mercati in agitazione, inflazione galoppante. L'agricoltura italiana rischia ogni giorno il cortocircuito: per questo serve rendere strutturali le misure emergenziali messe in campo dal Governo e costruire un vero e proprio Piano straordinario d'azione a Bruxelles, come per la pandemia, che affronti in un'ottica di lungo periodo le ripercussioni della guerra in Ucraina. Questo l'appello di Cia-Agricoltori Italiani dalla nuova grande manifestazione organizzata a Venturina Terme (Livorno). Quasi mille agricoltori radunati in piazza da tutte le regioni del Centro Italia per dire "basta!" e chiedere interventi specifici a sostegno dei settori più colpiti dagli effetti del conflitto, come gli allevamenti e i cereali, ma anche per agire finalmente su problemi annosi, dal proliferare incontrollato della fauna selvatica aggravato dall'emergenza peste suina allo spopolamento delle aree rurali.

Terzo e ultimo appuntamento di una roadmap che ha visto mobilitare le sedi Cia di tutt'Italia, dalla prima iniziativa al Nord a Rossiglione a quella al Sud a Scanzano Jonico, oggi è toccato ai produttori di Toscana, Marche, Umbria, Lazio e Abruzzo - in corteo con circa 100 trattori - ribadire le preoccupazioni per un settore che ormai si ritrova a lavorare in perdita, dopo due anni di pandemia devastante, per l'eccezionale aumento dei costi produttivi (dal +120% delle bollette energetiche al +170% dei fertilizzanti), tra le incertezze dei mercati e le speculazioni finanziarie.

Ecco perché, secondo Cia, se le prime misure del Governo destinate al settore sono state mirate e opportune, dal credito d'imposta per l'acquisto di carburanti ed energia elettrica alla ristrutturazione dei mutui agrari, ora è importante che siano migliorate e implementate, in sede di conversione dei decreti, per renderle strutturali.

Altrettanto necessario, per l'organizzazione, è uno sforzo aggiuntivo in termini di risorse per prevedere: incentivi alla semina, anche attraverso strumenti assicurativi, in grado di remunerare un'eventuale riduzione dei prezzi pagati agli agricoltori nei prossimi mesi rispetto ai valori attuali; incentivi ai consumi agroalimentari, a partire dalle fasce più deboli della popolazione; pacchetto di interventi mirati di credito agevolato per le piccole e medie imprese; incentivi a multifunzionalità e diversificazione delle imprese agricole; sostegno alle attività agrituristiche, anche tramite voucher per il rilancio dei flussi turistici nelle aree interne.

A livello europeo, dopo il primo passo rappresentato dalle recenti decisioni assunte a Bruxelles, occorre promuovere e adottare iniziative di più ampio respiro: rimodulare, anche temporaneamente, gli obiettivi del Green Deal, con particolare riferimento alla Strategia Farm to Fork; semplificare e velocizzare l'erogazione dei contributi comunitari (Pac, Psr; Ocm, etc); favorire una riflessione concreta verso la definizione di una politica energetica comune; introdurre strumenti di gestione del rischio in grado di calmierare la volatilità dei prezzi e di garantire la stabilità dei redditi degli agricoltori.

Per Cia, quindi, bisogna andare avanti a tutelare il settore, che solo in Centro Italia conta quasi 180.000 imprese, recuperando e salvaguardando il potenziale produttivo agricolo. Il che vuol dire affrontare anche vecchie problematiche mai risolte, come una più efficiente gestione delle risorse idriche, con un sistema e una programmazione adeguate ai fabbisogni delle imprese. E poi riequilibrare una volta per tutte la presenza faunistica, con i cinghiali che hanno superato quota 2 milioni, attraverso una riforma radicale della legge 157/92, per abbassare drasticamente la pressione sulle aziende agricole che contano danni milionari. Allo stesso tempo, serve arginare la diffusione in altri territori della peste suina africana, con un piano di riduzione degli ungulati e un quadro finanziario adeguato a mitigare e risarcire le perdite degli agricoltori. C'è bisogno di una gestione equilibrata ed equa dei fondi del PNRR e della Pac, realmente attenta alle esigenze del settore; nonché contrastare i fenomeni di abbandono delle aree interne, rafforzando infrastrutture e servizi, rendendo accessibili e fruibili le opportunità della digitalizzazione, rilanciando il ruolo della Banca della terra per favorire il ricambio generazionale e puntando su Distretti rurali e Comunità del cibo. Tutte necessità particolarmente sentite lungo la Dorsale appenninica, dove l'agricoltura rappresenta il principale volano dei sistemi economici e assicura il presidio del territorio.

"L'aumento dei costi energetici, sia in modo diretto con il caro gasolio, che indiretto dato l'aumento del prezzo dei fertilizzanti di sintesi, impatta sull'agricoltura e sui costi di produzione. Senza un adeguamento dei prezzi al consumatore finale, questa condizione rischia di strozzare le nostre aziende agricole, già duramente colpite da due anni di pandemia che ha causato il blocco del canale Horeca, ancora non ripartito pienamente". Così il presidente Cia Umbria Matteo Bartolini nel suo intervento a Venturina Terme. "Le aziende agricole non possono fermarsi, a differenza di altri settori che visto l'aumento vertiginoso dei costi energetici hanno deciso di chiudere anche per 15-20 giorni. Con queste premesse, è allora evidente che serve agire studiando un piano territoriale che metta insieme aziende agricole, le amministrazioni pubbliche a livello comunale e regionale, di concerto con il governo centrale per creare - ha chiarito Bartolini - le condizioni affinché si possa, se non raggiungere la piena autonomia energetica, quanto meno contribuire notevolmente a ridurre la nostra dipendenza di energia dall'esterno".

Per approfondimenti e interviste:

Emanuela De Pinto

Tel. 340.9200423

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Costi alle stelle, peste suina e fauna selvatica. Gli Agricoltori Italiani dicono "basta!"

Roma – Una delegazione Cia Umbria, unitamente al presidente Matteo Bartolini, sarà presente domani, mercoledì 20 aprile, alla terza manifestazione di Cia-Agricoltori Italiani contro costi di produzione alle stelle, peste suina ed emergenza fauna selvatica. A mobilitarsi, scendendo in strada tra bandiere e trattori, questa volta sono gli imprenditori agricoli del Centro Italia che si sono dati appuntamento per domani, alle ore 10:30, a Venturina Terme, frazione del comune italiano di Campiglia Marittima, in provincia di Livorno.

In centinaia dalle regioni Abruzzo, Lazio, Marche, Toscana e Umbria raggiungeranno la località per prendere parte al corteo da Via della Fiera al piazzale antistante il Centro Fiere S.E.FI.

Non si arresta, infatti, la pressione che, da mesi, si sta abbattendo sull'economia delle imprese agricole. Dopo due anni di pandemia è sopraggiunto il colpo della guerra in Ucraina. La tensione geopolitica internazionale ha acuito la difficoltà a uscire dalla crisi, spinta da caro energia e carburante. Inoltre, l'aumento del 300% sui concimi, i rincari sui fertilizzanti del 170%, oltre al raddoppio sui mangimi, ha reso i costi di produzione insostenibili, portando il settore agricolo e allevatoriale allo stato attuale di precarietà, agevolata dalle speculazioni sui mercati.

Anche per il Centro Italia resta invariata, poi, l'annosa emergenza fauna selvatica, cui si è aggiunta la preoccupazione per la peste suina. Motivo, pure questo, per rilanciare l'appello sul tema attraverso la manifestazione di Venturina. Ripetuto da Cia-Agricoltori Italiani su tutto il territorio nazionale, serve una riforma radicale della legge 157 del 1992. Una normativa troppo datata per riuscire ad affrontare un problema ormai fuori controllo con +111% di cinghiali in circolazione, oltre 200 milioni di danni all'agricoltura e 469 incidenti, anche mortali negli ultimi quattro anni, e lo spettro della peste suina che mesi ha fatto registrare casi allarmanti in Liguria e Piemonte.

"L'agricoltura non si può fermare" ripete, quindi, Cia che con la terza mobilitazione in tre mesi chiede che si tuteli un settore estremamente strategico per il Paese.

 

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Emanuela De Pinto

Ufficio stampa Cia Umbria

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Agnello umbro sempre più caro, ecco i prezzi al consumatore finale
Bartolini: "Tanti turisti in Umbria per sentirsi parte di una comunità fatta di valori"

Perugia – Dopo due anni di dura crisi, gli agriturismi dell'Umbria registrano finalmente quasi ovunque il pieno di prenotazioni per le festività di Pasqua. A parte una fase di incertezza a inizio anno, a causa dell'ultima ondata di pandemia Covid e dei rincari dovuti alla crisi energetica e alimentare causata anche dal conflitto in Ucraina, quest'anno gli italiani hanno deciso di rimettersi in viaggio per trascorrere le vacanze pasquali alla riscoperta della natura, dei borghi rurali e delle cittadine della verde Umbria.


AGRITURISMI SOLD OUT IN UMBRIA


"Abbiamo quindici camere e sono tutte prenotate per la Pasqua – racconta Bruno Batinti dell'agriturismo Charme e Benessere Le Torri di Porsenna, a Petrignano del Lago – I nostri punti di forza sono la ristorazione interna a base di prodotti tipici regionali e i trattamenti benessere che offriamo, con il servizio di sauna e massaggi. I clienti degustano il nostro olio e il nostro vino in un ambiente rilassante, rustico, curato nei dettagli, sicuro e ricco di fascino".


"Anche qui tutto pieno. Si va da un minimo di 3 notti fino ad un'intera settimana di vacanza in agriturismo – dice Pierangelo Bianchi dell'Agriturismo Fontechiara di Gubbio – Sono soprattutto turisti italiani, delle regioni limitrofe, ma c'è anche qualche straniero, che arriva dalla Germania. Non può mancare in tavola il menù a base di agnello, come da tradizione umbra".


LA CRISI DEL SETTORE E I PREZZI DELL'AGNELLO UMBRO


E a proposito di agnello, se negli agriturismi si respira un'aria di piena ripresa, non si può dire lo stesso per il comparto zootecnico. In Umbria sono sempre meno gli allevamenti di agnello da carne, perché poco redditizio. Nella nostra regione, diversamente dall'Abruzzo, dal Molise e dal Lazio, il consumo della carne di agnello è legato in modo prevalente alle festività pasquali e natalizie. Durante il resto dell'anno si consuma poco, perché viene percepito troppo caro. Il prodotto umbro, e italiano in generale, è quindi scarso. La GDO si rifornisce soprattutto da Spagna, Romania e Ungheria.
Per il 2022 si registrano aumenti del prezzo per il consumatore finale dovuti ai rincari delle materie prime, tra cui il fieno che è l'alimentazione base per le pecore nel periodo invernale. Le aziende agricole che non lo coltivano e devono acquistarlo, nel 2022 lo hanno pagato il doppio rispetto all'anno precedente: dai 10 euro al quintale è schizzato a 20. I prezzi dell'agnello sono aumentati di circa un euro rispetto al 2021: il grossista o il macellaio paga all'allevatore dai 4 ai 5,50 euro al Kg (capi vivi). Il consumatore che lo acquista in una macelleria dell'Umbria spende in media dai 20 ai 23 euro al Kg per la cotoletta, dai 15 ai 18 euro al Kg per il coscio e dai 10 ai 15 euro al Kg per la spalla d'agnello.


"Questa è la prima Pasqua di vera ripresa dopo due anni di pandemia, - ha sottolineato il presidente Cia Umbria Matteo Bartolini - . Negli anni precedenti i nostri imprenditori agrituristici hanno dovuto stare fermi o lavorare a spizzichi e bocconi, tra mille incertezze, con grande fatica e sacrificio. Rimangono alcune difficoltà, come la crisi energetica e alimentare, che non potranno essere superate nell'immediato, ma i segnali sono positivi e fanno ben sperare per il futuro. C'è tanta voglia di ritornare alla normalità, come dimostrano le tante prenotazioni registrate e come conferma la recente indagine Ipsos che rileva come, a livello sociale, l'80% degli italiani sente un crescente bisogno di vivere all'interno di una comunità, dove riscoprire la dimensione umana e valoriale. Credo che l'Umbria possa offrire tutto questo ai suoi tanti turisti, per ripartire insieme".

 

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